Quarto potere di Orson Welles

Citizen Kane: il puzzle della vita

Chi siamo? Cos’è che definisce la nostra personalità?
È una questione che per qualche ragione è saltata spesso fuori nelle mie conversazioni degli ultimi tempi. A dare quella che credo essere l’unica risposta possibile è stato Orson Welles in Citizen Kane, tradotto in italiano, Quarto potere. Un titolo fuorviante, quello della versione italiana.

Il magnate dell’editoria Charles Foster Kane è appena morto lasciando un patrimonio sterminato e l’enigma di un’ultima parola dal significato sconosciuto.
Il film segue le indagini di un reporter incaricato di scrivere un pezzo che, andando al di là del personaggio mediatico, possa far luce sul Charles Foster Kane uomo.
Dunque si, giornali, redazioni, quarto potere, sono l’ambientazione. Orson Welles però va più a fondo.


Citizen Kane racconta il tentativo di spiegare una vita. Ma è possibile ridurre la vita di un uomo ad una sola definizione?
Welles dice di no. Non a caso il passatempo per le tediose serate della signora Kane sono i puzzle, perchè è così che siamo: un rompicapo a cui si aggiungono pezzi senza mai vederne la fine.

Dorothy Comingore e orson Welles in Citizen Kane

Ogni cambio di prospettiva può rimettere tutto in discussione. Per i colleghi Charles Foster Kane era un innovatore e un megalomane, per la madre un innocente da salvare dagli abusi del padre, per l’ex moglie un carceriere, ma ne vediamo anche la tenerezza dei primi incontri, per la società un uomo di successo, brillante. Chissà poi come Charles Foster Kane vedeva se stesso. Il significato dell’ultima parola sul letto di morte, una volta rivelato (solo allo spettatore), non fa che acuire il mistero che ha reso grande questo film.

Si, perché per me il valore di Citizen Kane va oltre l’indubbia perizia narrativa, l’innovazione tecnica (con l’uso, per la prima volta sistematico, di profondità di campo e piano sequenza) e le straordinarie capacità attoriali di Orson Welles, in grado, a 25 anni, di portare credibilmente in scena il peso di 79 anni di vita travagliata. Quando dico che Citizen Kane è uno dei più alti esempi di cinema è perché mi punzecchia con domande difficili (anzi difficilissime) e stimolanti, senza la pretesa di dare riposte. Anzi, la tesi del film è proprio questa: certe domande non possono avere un’unica risposta.

Orson Welles in Quarto potere

Chi siamo, chi vorremmo essere, cosa resterà di noi una volta che non ce ne saremo andati… Sono tutte domande che ci facciamo (o sono solo io?). Qualche volta sono un mero esercizio intellettuale, altre volte ci tormentano un po’. Ma alla fine è come dice Pirandello in Uno, nessuno e centomila:

Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso.

Insomma, la risposta alla nostra domanda più intima è un grosso, gigantesco boh?!.
A me piace così! Vuol dire che ci costruiamo un po’ ogni giorno con piccole scelte, gusti, incontri, passioni… liberi di aggiungere al puzzle della nostra personalità un numero infinito di pezzi.

La vita di un uomo non si può spiegare con una sola parola.

C’è dell’armonia in questa casualità, non trovi?

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