Il diario di Eva Heyman su Instagram

Instagram ai tempi della Shoah

Eva Heyman, vittima dell’Olocausto, racconta la sua storia in Instagram Stories

Quando le truppe tedesche occuparono l’Ungheria, nel 1944, Eva Heyman aveva tredici anni. Il 13 febbraio di quell’anno, giorno del suo compleanno, Eva cominciò a scrivere un diario. Quattro mesi appena di confidenze, prima della deportazione.

Il tredicesimo compleanno di Eva fu festeggiato in casa. Ricevette in regalo una giacca primaverile color marrone chiaro, un vestito blu marino lavorato a maglia, un paio di scarpe con il tacco alto (le prime per Eva), tre pigiami, dischi in vinile, dolciumi e caramelle. Restava solo il rammarico per l’assenza della madre.

I genitori avevano divorziato ed Eva viveva ad Oradea1Città al confine tra Ungheria e Romania. Oggi Oradea fa parte della Romania, ma tra il 1940 e il 1944 cadeva sotto l’amministrazione ungherese. con i nonni Reszó e Irén Rácz. La madre di Eva, Ágnes detta “Ági”, si era poi risposata con Béla Zsolt, giornalista e politico socialista, e vedeva la figlia saltuariamente.

Eva Heyman

Nel suo diario Eva Heyman ha documentato l’imposizione delle leggi razziali e raccontato il drammatico cambiamento della vita quotidiana.

Il nonno di Eva fu espropriato della sua farmacia e privato del ruolo di Presidente dei farmacisti per la sua città.

Venne poi l’obbligo d’indossare la stella di David, in bella vista su ogni giacca, cappotto e camicia. Un segno spregiativo, ad additare tutte le persone di fede e origine ebraica dai sei anni in su. Persino le dimensioni regolamentari delle stelle erano stabilite per legge. Eva le odiava.

Eva dovette anche dire addio alla bambinaia Juszti, a cui era particolarmente legata. In quanto “ariana”, la donna non poteva più servire in una famiglia di ebrei.

Il 15 maggio 1944 Eva fu obbligata a trasferirsi nel ghetto di Oradea2Il ghetto di Oradea è stato il più grande ghetto d’Ungheria, secondo solo a quello di Budapest. Il ghetto di Oradea si componeva per la verità di due parti indipendenti: una per gli ebrei che abitavano in Oradea e l’altra per gli ebrei provenienti dai territori rurali circostanti. Vi furono rinchiuse rispettivamente 27 mila e 8 mila persone, in condizioni di vita e igieniche disastrose. In un’unica stanza si dovevano stipare anche quindici o sedici persone. Il ghetto di Oradea fu svuotato nella primavera del ‘44: in nove trasporti, 27.215 persone furono mandate ad Auschwitz, verso la morte. insieme ai nonni, alla mamma Ági e al patrigno. Qui il diario di Eva s’interrompe. Le sue pagine sopravvissero grazie all’intervento della domestica Mariska Szabó che, in quanto cattolica, fu salva dalle persecuzioni e riuscì a consegnare il diario alla madre di Eva dopo la fine della guerra.

Ormai Eva era già morta. Fu assassinata il 17 ottobre 1944 ad Auschwitz.3Secondo alcune testimonianze, fu tra quelli selezionati personalmente dal dottor Mengele per la camera a gas. Era stata deportata il 2 giugno del ‘44, insieme ai nonni, e assegnata al lager c di Auschwitz Birkenau.

Soltanto la madre le sopravvisse. Ági Zsolt, prigioniera anche lei nel ghetto di Oradea, riuscì insieme al marito Béla a ottenere un posto sul treno di Kastner.

Era, il treno di Kastner, un trasporto speciale di 1684 ebrei ungheresi ai quali le autorità naziste consentirono, in cambio del pagamento di una cospicua somma di denaro, di lasciare Budapest per rifugiarsi in Svizzera.

L’operazione fu frutto di un accordo tra Adolf Eichmann, SS-Obersturmbannführer responsabile della “questione ebraica”, e Rudolf Kastner, rappresentante del Comitato per l’Aiuto ed il Soccorso degli ebrei ungheresi. 1.670 persone arrivano in Svizzera sane e salve e finalmente libere, ma l’operazione, come l’intero operato di Kastner, suscitò controversie per la presenza sul treno di famigliari e concittadini dello stesso Kastner e per una tappa del convoglio a Bergen Belsen che non poté essere evitata e durante la quale alcuni passeggeri morirono di malattia o furono trattenuti.

Rientrata in possesso del diario della figlia, la madre di Eva si adoperò perché fosse pubblicato e la storia di sua figlia e di altri 6 milioni di persone come lei fosse resa nota. Già nel 1947 in Ungheria era possibile acquistare e leggere la prima edizione del Diario di Eva Heyman.

La madre di Eva morì poi suicida nel 1949.

Il sogno di Eva era di diventare fotoreporter. Con il suo diario si era già fatta testimone di una delle pagine più buie della Storia; l’account Instagram @eva.stories l’ha anche resa fotoreporter sceneggiando e adattando le pagine del suo diario per il formato Stories.

Il diario di Eva Heyman su Instagram

We have to think of more creative and stronger ways to convey the horrors of the Holocaust to the newer generation that won’t have the chance to speak to a survivor.

Maya Kochavi, promotrice del progetto Eva Stories


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